Osso di Oliva e l’olio miracoloso.
Fiaba dedicata a tutti gli olivicoltori. Ai salentini in particolare.
Una famiglia molto povera viveva dell’allevamento di poche capre ma soprattutto dalla vendita dell’olio prodotto dai loro olivi, forse millenari, che nessuno, neanche i vecchi del paese, sapevano quando fossero stati piantati. Avevano molte bocche da sfamare e tra loro una bambina che aveva un nome, un nome normale ma che nessuno, neanche i genitori, ricordava più. Lei passava tutte le sue giornate nell’oliveto a correre e giocare a nascondino con lepri e cerbiatti. Conosceva per nome ogni olivo.
C’era “il grande vecchio” che neanche lui sapeva quanti anni avesse ma parlava spesso di uomini con corte spade e strane corazze che si fermavano a riposare sotto la sua chioma.
Poi c’era “l’immortale” che aveva conosciuto il fuoco ed era rinato dalle proprie ceneri.
E ancora “lo sfamatordi”, un olivo grandissimo che produceva così tanti frutti che non si riuscivano mai a raccogliere tutti, tanto che tutta la famiglia e quelle arrivate per aiutare ad un certo punto se ne andavano sconsolate lasciandone ancora tantissime sui rami. Ogni anno le braccia che arrivavano in aiuto aumentavano e c’era un groviglio di scale che si inerpivano sull’olivo che non si riusciva più a capire dove iniziasse una e finisse l’altra… ma niente, non si riusciva a prenderle tutte. Quando la raccolta finiva arrivavano stormi immensi di uccelli che si cibavano giorno e notte delle olive per affrontare l’inverno. Solo allora non si vedevano più olive su “lo sfamatordi”.
Raccontando e raccontando ci siamo dimenticati della bambina! Lei era magra, quasi pelle e ossa, più alta dei bambini della sua età. Aveva i capelli lunghi, lisci e corvini, la pelle color corteccia e due occhi profondi e azzurri che anche il cielo e il mare glieli invidiavano. Come detto nessuno ricordava il suo vero nome, per tutti era “Osso di Oliva”.
La Malattia dell’Oblio
La sua vita, se pur difficile a causa della povertà della famiglia, scorreva serena tra i suoi amici olivi. Una notte si accorse che nessuno della sua famiglia, né i suoi genitori, né i suoi fratelli erano andati a dormire. Non ci fece caso. La mattina dopo, svegliandosi di buon’ora, li trovò tutti in piedi affaccendati. Venne mandata al villaggio a comprare ceci e farina e scoprì, dalle chiacchiere nelle botteghe, che nessuno quella notte aveva dormito.
Ed era vero. Nessuno aveva dormito quella notte e neppure dormì le notti successive. Era la terribile Malattia dell’Oblio. Nessuno ci fece caso. Non sentivano la stanchezza ed erano contenti perché avevano più tempo per i loro affari e per fare festa. I bambini giocavano e si rincorrevano per tutta la notte.
Dopo alcuni giorni, però, forse a causa del tanto sonno perso, le persone iniziarono a perdere la memoria e a non riconoscersi più l’un l’altro. Non si riconoscevano i vicini di casa, i mariti non conoscevano più le mogli ed insieme non sapevano più chi fossero i loro figli. Si incontravano per casa e si chiedevano l’un l’altro “chi sei? cosa fai in casa mia?”. La situazione peggiorò quando le persone cominciarono a vedere gli amici e i parenti come dei nemici dei quali diffidare e difendersi. Iniziarono i litigi, i dispetti fino alle aggressioni per strada.
Osso di Oliva, che misteriosamente era immune a questa malattia, ne fu sconvolta e pensò che doveva trovare una soluzione se non voleva vedere il suo villaggio distrutto e perdere tutti i suoi amici. Si recò nell’oliveto e chiese agli olivi cosa poteva fare. Ci fu un conciliabolo tra i più più anziani (nessuno si mosse dalla sua posizione, comunicavano tra loro attraverso le radici). Alla fine le dissero come poteva salvare il villaggio e i suoi abitanti.
Quella notte, non curandosi del pericolo che correva, si recò in paese e unse gli occhi di tutti gli abitanti del villaggio con l’olio prodotto dai suoi olivi. Le persone caddero in breve tempo in un sonno profondo e ristoratore. Al risveglio tutti si riconobbero di nuovo e si abbracciarono l’un l’altro come se non si vedessero da anni.
Osso di Oliva venne festeggiata come un’eroina e tutti le portavano rispetto come ad una guaritrice. Da quel giorno una moltitudine di persone si recarono da lei per farsi guarire da ogni sorta di malanno. Ma l’olio con loro non funzionava, era come se avesse perso le sue proprietà o fosse stato creato solo per guarire dalla Malattia dell’Oblio. Alla fine la gente smise di andare da lei ma con rabbia pensavano che non li volesse aiutare e che agli olivi importasse solo di quel villaggio e dei suoi abitanti.
L’oliveto in pericolo
Passò molto tempo e la Malattia dell’Oblio fu dimenticata. Un giorno mentre giocava con gli animali del bosco, sentì una voce chiamarla. Riconobbe quella voce. Era di un suo amico olivo, quello chiamato “Foglie d’Argento” ma era strana, sofferente, un sussurro. Quando arrivò da lui egli le disse: “Guardami Osso di Oliva, sto male, mi sto seccando tutto!”. Era vero. I rami più giovani e teneri si stavano seccando e le foglie cadevano. “È iniziato tutto quando la sputacchina è venuta a trovarmi, mi ha fatto ammalare…”. Osso di Oliva era triste ma credeva che “Foglie d’Argento” stesse esagerando. “Gli olivi sono piante forti”, pensava, “ne hanno passate tante e passerà anche questa”. E se ne dimenticò.
Con il passare delle settimane, però, la situazione non migliorò. “Foglie d’Argento” era quasi tutto secco e anche altri olivi iniziarono ad ammalarsi. A quella vista Osso di Oliva si allarmò sul serio e provò a parlare con gli olivi anziani come al tempo della Malattia dell’Oblio, ma nessuno le rispose. Un silenzio di morte regnava nell’oliveto. Osso di Oliva non sapeva che fare.
Vennero chiamati esperti che provarono impacchi con poltiglie, resine, annaffiature con minerali, ma nulla funzionò. Alla fine, sconfitti, le dissero “li devi abbattere e bruciare tutti! Solo questo salverà gli olivi di tutti gli altri”. Ma Osso di Oliva non poteva accettarlo. Erano suoi amici, avevano salvato il villaggio. Ma nessuno sembrava ricordarlo.
Continuò a cercare una soluzione, smise di dormire e mangiare, e alla fine si convinse che solo una poteva essere la soluzione. Se l’olio aveva guarito gli abitanti del villaggio avrebbe guarito anche i suoi olivi. Ma non ne avevano più del loro olio. A causa della malattia la produzione era andata perduta e la sua disperazione crebbe ancora.
Cercando aiuto
Non aveva alternative, doveva chiedere l’olio ai suoi paesani. La mattina successiva si recò in paese e nel bel mezzo della piazza principale iniziò a gridare: “Solo l’olio può salvare gli olivi, ma noi non ne abbiamo più, abbiamo bisogno di voi! Dateci il vostro!”. Ma nessuno si fermava a parlare con lei. Tutti pensavano “Eh, certo, dò il nostro olio a lei per curare i suoi olivi… e poi io resto senza”.
Osso di Oliva iniziò a fermare le persone che sapeva avevano olio da parte. “Prestami il tuo olio, altrimenti gli olivi moriranno!”. Ma questi la spingevano via indispettiti. Quindi lei li affrontò uno per uno. “Tu durante la Malattia dell’Oblio hai bruciato la casa di tuo fratello! E tu? Hai cacciato di casa i tuoi figli perché non li riconoscevi più. E tu, sì proprio tu, hai chiuso la porta in faccia a tua moglie perché la credevi un’estranea.” “È stato l’olio a guarirvi e voi adesso voltate le spalle a chi vi ha salvato!”.
Ma nessuno la aiutò e Osso di Oliva se ne tornò a casa disperata.
Tutto è perduto?
Passò i giorni successivi nell’oliveto senza lasciarlo mai. Sussurrava parole di conforto agli olivi più malati ma senza avere speranza. Dopo una settimana durante la quale non era mai tornata a casa, era sul punto di arrendersi quando vide i suoi vicini avvicinarsi con un orcio in mano. “Non abbiamo tanto olio, ma possiamo darti questo. Fanne l’uso che ritieni giusto”. Osso di Oliva li abbracciò e mentre lo faceva vide altre persone che si avvicinavano. Tutte avevano, chi in mano chi su un carretto, un contenitore con l’olio. E altre arrivavano ancora. Non sapeva più come ringraziarli e ad un certo punto si rese conto che aveva abbastanza olio per poter agire.
Aiutata dai suoi compaesani, iniziò a versare e strofinare l’olio su ogni pianta, sul tronco, sui rami e sulle foglie rimaste. Lo fecero a tutti gli olivi. A sera i suoi paesani si congedarono augurandole buona fortuna ma pensando tra loro che non avrebbe funzionato.
I giorni passarono e nulla cambiava. I paesani che passavano a vedere l’oliveto si convinsero definitivamente che gli olivi di Osso di Oliva (e i propri) erano perduti. Dopo più di un mese, mentre sedeva al centro dell’oliveto che ormai sembrava una foresta pietrificata, Osso di Oliva sentì una voce. Era di nuovo “Foglie d’Argento”: “Vieni da me Osso di Oliva…” e lei pensò che volesse salutarla per l’ultima volta.
Foglie d’Argento
“Guardami”, disse “Foglie d’Argento”. Lei lo guardò con le lacrime agli occhi: “Lo vedo, sei tutto secco!”. “Guarda meglio!” le rispose “Foglie d’Argento”. Osso di Oliva si asciugò gli occhi e guardò attentamente. Su di un ramo un po’ nascosto una fogliolina verde faceva capolino tra il legno secco. “Una foglia!” gridò Osso di Oliva, scoppiando a piangere ma questa volta di felicità.
Ci vollero molti mesi prima che tutti gli olivi fossero dichiarati fuori pericolo. Nel frattempo anche gli olivi di tutti i paesani vennero trattati e si salvarono.
Da quel giorno nella piazza del paese c’è un grande olivo, sdraiata ai suoi piedi la statua di Osso di Oliva e una fontana dalla quale non sgorga acqua di sorgente, ma olio.